Giovan Battista Salvi detto, dal suo paese d’origine nelle Marche, il Sassoferrato, apprende la sua arte dal padre, Tarquinio Salvi. Lavora anche nella bottega del bolognese Domenichino. Altri maestri da cui apprende e si ispira sono Francesco Albani e Guido Reni. I suoi dipinti risentono inoltre dell’influenza di Guercino e soprattutto di Raffaello.
Realizzò moltissimi ritratti e immagini devozionali. I suoi ritratti si possono definire i più belli del seicento. I personaggi raffigurati hanno espressioni vivaci e intense. Le Madonne dipinte dal Salvi, col pallore del volto e il colore acceso del manto, la dolce purezza degli sguardi incantati e la grazia dei lineamenti, forniranno, due secoli dopo, ispirazione ai preraffaelliti e a numerosi altri artisti dell’Ottocento. Il suo è uno stile di un purismo arcaizzante con una tecnica dai colori brillanti, come smaltati. Altre qualità del Salvi sono l’amore per la precisione e per i particolari, e una rappresentazione quasi scultorea delle forme. Con la sua tecnica, egli riesce a realizzare immagini di bellezza essenziale e di immediata presa emotiva.
Il dipinto che possiamo ammirare è la Madonna col Bambino, realizzato dall’autore attorno al 1650. Tale dipinto fu donato dalla regina Isabella II di Spagna a Papa Pio IX, dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. Si trova nella Pinacoteca Vaticana dal 1857. Esso raffigura la Madonna seduta sulle nubi con i piedi poggiati sulla mezzaluna, che allude all’Immacolata Concezione. Maria tiene in braccio il Bambino Gesù, che porta attorno al collo una collana di corallo, simbolo arcaico di protezione contro i pericoli, ma soprattutto figura del sangue che avrebbe effuso nella sua Passione. Gesù tiene in mano un rosario d’ambra terminante in una rosa, per ricordarci l’importanza del santo rosario. Il rosario s’intreccia al braccio della Madre, evidenziando così il legame profondo tra Madre e Figlio e il ruolo di Maria quale mediatrice di grazia presso Gesù. Questo dato si può percepire nella preminenza delle due figure in tutto il quadro: esse, infatti, occupano il dipinto quasi interamente, lasciando poco spazio agli angeli, che affiorano tra le nubi, quasi ad incorniciare Maria e Gesù. In questo mese di maggio, dedicato a Maria e caratterizzato da una più intensa recita del santo Rosario, questo dipinto ci aiuta a comprendere quello che già nel 2002 San Giovanni Paolo II, nella sua lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae”, scriveva: “Il Rosario, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico…. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo…. Recitare il Rosario, infatti, non è altro che contemplare con Maria il volto di Cristo”. Recitare il rosario non significa mettere al secondo posto Gesù, anzi, Maria ci porta a Gesù e ci aiuta a non anteporre nulla al suo amore. Chiediamo a Maria, in questo mese di maggio, di farci la grazia amare sempre più Gesù.